Definizione
Il termine serendipità è un neologismo che indica la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un'altra. Essendo noto l'autore del neologismo (Horace Walpole che coniò serendipity nel Diciassettesimo Secolo), il termine rientra nella categoria delle “parole d’autore”.
Origine
Il termine deriva da Serendip, l'antico nome persiano dello Sri Lanka. Il termine fu coniato come detto dallo scrittore Horace Walpole che lo usò in una lettera scritta il 28 gennaio 1754 a Horace Mann, un suo amico inglese che viveva a Firenze. Horace Walpole fu ispirato dalla lettura della fiaba persiana "Tre prìncipi di Serendippo" di Cristoforo Armeno, nel cui racconto i tre protagonisti trovano sul loro cammino una serie di indizi, che li salvano in più di un'occasione. La storia descrive le scoperte dei tre prìncipi come intuizioni dovute sì al caso, ma anche allo spirito acuto e alla loro capacità di osservazione.
Serendipità e ricerca scientifica
Oltre a essere indicata come sensazione, la serendipità rimanda anche a un tipico elemento della ricerca scientifica, quando (spesso) scoperte importanti avvengono mentre si stava ricercando altro. Portando alle estreme conseguenze il concetto di serendipità/casualità delle scoperte scientifiche, in contrapposizione al metodo dell'indagine sistematica, si potrebbe argomentare che in ogni scoperta, come del resto in ogni aspetto della vita reale, può essere insito qualche elemento di casualità.
Se il ricercatore sapesse già esattamente quello che sta cercando, non avrebbe bisogno di cercarlo, bensì gli basterebbe avere una conferma di una realtà che già prevede esista. In questo senso una nuova scoperta scientifica ottenuta mediante intuizione o serendipità da un ricercatore è cosa sostanzialmente diversa rispetto all'ottenimento di una conferma sperimentale di un evento mai prima osservato, ma previsto (sempre da uno scienziato) in base all'estrapolazione di una teoria basata sull'interpretazione di altri eventi noti correlati.
In questo caso, infatti, l'oggetto della ricerca sarebbe il tentativo di validare una teoria - cioè una rappresentazione astratta del mondo reale - quindi non la realtà in sé del mondo sottostante.
“La serendipità è come cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia (o il figlio, aggiungiamo noi) del contadino” (Julius H. Comroe, ricercatore biomedico).
Serendipità ed economia
Lo studioso giapponese Ikujiro Nonaka fa notare che il concetto di serendipità nell'area dell’innovazione è altamente riconosciuto dai manager e dalle imprese giapponesi che lo collegano anche alla capacità di “intercettare le riflessioni, intuizioni, impressioni personali dei singoli lavoratori e metterle al servizio dell'intera società, provandone l'efficacia nel contesto d'impresa” (“tapping the tacit and often highly subjective insights, intuitions, and hunches of individual employees and making those insights available for testing and use by the company as a whole”).
“Quando si scrive una poesia è frequente la serendipità: miri a conquistare le Indie e raggiungi l'America…” (Andrea Zanzotto).
Esempi di scoperte con serendipity
Ecco un elenco di scoperte nelle quali la “serendipità” pare avere avuto un ruolo più o meno importante.
L'America da parte di Cristoforo Colombo che cercava le Indie.
La dinamite da parte di Alfred Nobel.
La penicillina da parte di Alexander Fleming, a causa dell’errata disinfezione di un provino.
Gli effetti psichedelici dell'LSD (dietilamide-25 dell'acido lisergico) da parte di Albert Hofmann nel 1938.
Le patatine fritte rotonde da parte del cuoco americano di origini indiane George Crum.
Il ruolo del pancreas nel diabete mellito da parte di Joseph von Mering e Oscar Minkowsky, che in realtà cercavano di individuare il compito specifico dell'organo nel processo di digestione.
La radiazione cosmica di fondo a microonde dell'universo da parte di Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson.
I riflessi condizionati dei cani di Pavlov che stava conducendo ricerche sulla salivazione di questi animali.
Il primo colorante sintetico, la mauveina (color Malva), da parte del giovane chimico W.H. Perkin nel 1856, mentre cercava di sintetizzare la chinina, un rimedio antimalarico.
Il cellophane inventato nel 1908 da Jacques Edwin Brandenberger, un ingegnere chimico svizzero.
Il prozac (fluoxetina ossalato) ad opera del farmacologo David Wong nel giugno 1974, quando egli annunciò pubblicamente che la fluoxetina è un inibitore della ricaptazione della serotonina (SSRI).
Il teflon (PTFE, politetrafluoroetilene) nel 1938 da parte del chimico della DuPont R.J. Plunkett che stava usando il tetrafluoroetilene come composto intermedio per la sintesi di nuovi refrigeranti.
La colla dei post-it, il cui inventore in realtà stava cercando di realizzare un collante estremamente forte ottenendo, invece, un collante debole, che non macchiava e che si poteva attaccare e staccare con facilità.
La cottura a microonde, concepita in base alla scoperta di Percy Spencer sulle proprietà delle microonde.
Il velcro, nome commerciale formato dall'acronimo delle tre iniziali di Velours (velluto) e Crochet (gancio), un metodo di chiusura ideato da Georges de Mestral nel 1950 e brevettato nel 1955.
I neuroni specchio. Mangiando casualmente una banana davanti a una scimmia, il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti vide che i neuroni motori del macaco “sparavano” impulsi elettrici, anche se l'animale non stava compiendo nessun gesto.
Il viagra (citrato di sildenafil), scoperto per caso dalla compagnia farmaceutica Pfizer mentre cercava un farmaco per curare l'angina pectoris.
Il pianeta Urano da parte di William Herschel, che stava cercando delle comete: solo quando notò l'orbita circolare, si rese conto che si trattava di un pianeta.
I raggi X, scoperti da Wilhelm Conrad Röntgen mentre eseguiva al buio esperimenti sulla produzione dei raggi catodici.
La gola di Olduvai, scoperta casualmente nel 1911 dall'entomologo tedesco Wilhelm Kattwinkel mentre stava cercando di catturare una farfalla.
Esercitare la serendipità
Come aumentare la serendipità? Internet, la rete, l’intelligenza collettiva su Web (AI) ci può dare un forte aiuto in tal senso. Illuminante al riguardo è la storia di Tim Gowers, un matematico non ancora cinquantenne dell'università di Cambridge, che nel 1998 vinse la medaglia Field, l'equivalente del premio Nobel per la matematica.
Nel 2009 questo signore pubblica un post sul suo blog dove si chiede se sia possibile risolvere un difficile problema che lo assilla. Più che provocatoria, la domanda è sacrilega. Nell'immaginario collettivo il matematico è un genio solitario che si arrovella su un problema fino ad arrivare alla soluzione (o a lasciar perdere). Gowers descrive il problema che non riesce a risolvere e il blog piano piano si anima: partecipano altri matematici, professori di liceo, studenti e qualche curioso.
Era nato Polymath, un processo che, nel giro di 6 settimane, risolve il problema e lo generalizza. Da allora Polymath (e i suoi imitatori) hanno affrontato problemi ancora più ambiziosi. Il successo è stato eclatante. Pensare a un problema in compagnia di altri permette di sfruttare le capacità e le esperienze collettive. Nessuno sa tutto, ma ognuno ha punte di eccellenza che possono essere preziose in determinati ambiti. Tradizionalmente lo scienziato che arriva a un punto morto si guarda in giro e chiede consiglio ai colleghi. Se ci si apre realmente all’ascolto degli altri, in un contesto di “gruppo d’incontro” orientato al problem solving (un’idea molto compatibile con l’approccio rogersiano alla vita, in tutti i suoi aspetti), la produttività tanto dei singoli quanto del gruppo di individui nel suo complesso ne può risultare notevolmente potenziata.
La rete amplifica le possibilità di trovare “intersezioni mentali” e coincidenze fortuite, che sono alla base della serendipity. Se ben gestita, la rete è una miniera di informazioni e di conoscenze che reinventano il metodo di fare scoperte.
Al genio aiutato da fortuiti incontri casuali si sostituisce la casualità programmata (designed serendipity) di Internet e, più recentemente, dell’Intelligenza Artificiale. Si cercano connessioni impreviste tra le conoscenze dei singoli che permettano di arrivare alle soluzioni.
Ovviamente il problema non viene risolto da un comitato, le idee vengono proposte, vagliate, criticate, accettate o respinte. Non si fanno compromessi: è scienza, non politica. La soluzione non deve essere condivisa: è sufficiente che sia giusta. E questo, appunto, è il bello della scienza.

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